Poco tempo fa, ho finito di leggere il libro che vedete come immagine del post, si chiama Rework e gli autori sono Jason Fried e David Heinemeier Hansson.
Tra le altre cose hanno creato Basecamp, inizialmente chiamata 37signals, hanno scritto questo, ed altri libri, per fornire il loro punto di vista e le loro impressioni riguardo il loro percorso di creazione di un business oggi milionario.
Al solito, non abbiamo a che fare con una scienza esatta quindi non ci sono formule matematiche che funzionano in tutti i casi: dipende dal contesto in cui ci si trova, come vengono applicati i concetti imparati, fortuna ed una miriade di altri fattori. Ciò non toglie che, leggere il punto di vista di altre persone, specialmente se queste hanno avuto un vissuto niente male, può essere fonte di ispirazione e di nuove idee.
Il libro è poco ortodosso e un po' aggressivo, nonostante non sia nuovo rimane molto attuale, sfida lo status quo e mette in discussione concetti che alcuni danno per scontati.
Siccome mi è piaciuto molto, ho provato a raccogliere i punti che ritengo personalmente più interessanti cercando di rapportarli alla realtà a me più vicina, consiglio comunque la lettura integrale qualora si voglia approfondire. 🙂
1. Imparare dagli errori è inflazionato
Nel mondo del business, il fallimento è diventato un passaggio prevedibile ed accettato.
Leggiamo di continuo che 9 nuove attività su 10 falliscono, che le nostre chance di riuscire nella creazione di una nuova impresa sono circa nulle.
In genere, soprattutto negli U.S.A. si dice:
Fallisci presto, fallisci spesso.
Come se fosse una moda, si tende a pensare che:
Più fallisco, più sono bravo ad aver provato tante cose diverse ed ora posso dedicarmi al prossimo n-esimo progetto.
Questa cattiva interpretazione, distorsione del pensiero originale, genera ed ha generato persone superficiali che pensano fallire significhi abbandonare un progetto che non ha sfondato al primo colpo per dedicarsi al prossimo, senza preoccuparsi dell'impatto della loro scelta, senza alcuna minima preoccupazione verso le persone che vi hanno lavorato, gli investitori e i vari stakeholder.
Con tutti questi fallimenti in giro, non si può far a meno che respirare aria di naufragio: non inalate!
Non fatevi avvelenare dalle statistiche, i fallimenti di altri non sono che... i fallimenti di altri.
Se le altre persone non riescono ad affermare la loro attività, questo non ha nulla a che vedere con noi, se gli altri non riescono a creare un team, questo non ha nulla a che vedere con noi, se gli altri non riescono ad assegnare un giusto prezzo al loro prodotto, questo non ha nulla a che vedere con noi, se le altre persone non riescono a guadagnare più di quello che spendono... beh avete capito.
Cosa si dovrebbe imparare dagli errori?
Potremmo voler imparare cosa non fare per non sbagliare nuovamente, ma quanto è preziosa un'informazione del genere? Anche se lo sapessimo, non sapremmo comunque cosa fare dopo.
Meglio quindi imparare dai propri successi: loro ti danno le giuste munizioni.
Quando qualcosa ha successo, sai che cosa ha funzionato e puoi replicarlo, facendolo probabilmente ancora meglio la volta successiva. Il fallimento non è un prerequisito per avere successo.
Uno studio della Harvard Business School ci mostra che il 34% degli imprenditori che hanno avuto successo con la loro compagnia, lo hanno replicato successivamente con una nuova azienda, ma gli imprenditori le cui compagnie sono fallite la prima volta, hanno avuto lo stesso seguito di successo di coloro che, non avendo mai avuto una compagnia prima, ne hanno creato una: solamente il 22%. Corollario: le persone che sono fallite prima, hanno lo stessa probabilità di successo di quelle che non hanno mai provato; il successo è esperienza ed è la cosa che fa la differenza (fonte della ricerca).
Questo non dovrebbe sorprenderci, è esattamente come funziona la natura: l'evoluzione non guarda indietro ai fallimenti, si costruisce pezzo dopo pezzo sopra ciò che ha funzionato, perchè non dovremmo farlo anche noi?
2. Ne abbiamo abbastanza di "imprenditori"
La parola imprenditore è vecchia, suona come un titolo per far parte di un VIP club ristretto a poche persone.
Tutti dovrebbero essere incoraggiati a creare il proprio business, non solamente alcuni prediletti che si auto identificano come tali.
C'è un nuovo gruppo emergente di persone che ha creato i loro business, fanno grossi profitti ed alcuni di loro, nemmeno sanno di essere imprenditori. Vengono pagati per fare ciò che amano.
3. Iniziamo a costruire qualcosa
Tutti, prima o poi, abbiamo avuto un amico che, rivolgendosi a noi, ci ha detto:
Ho avuto prima io l'idea alla base di Uber, se solo l'avessi fatta, sarei diventato milionario!
Questa logica è patetica e delirante.
Aver avuto l'idea di Uber non ha nulla a che fare col creare Uber.
Quello che conta è ciò che fai, non quello che pensi, dici o pianifichi.
Pensi che la tua idea sia incredibile? Prova a venderla allora, nessuno la comprerà.
Finchè non crei qualcosa, un'idea è solo un'idea, tutte le persone ne hanno.
La cosa importante è iniziare a creare, l'idea è solo la piccola cosa che sta alla base, il vero punto di domanda è: quanto bene riesci a concretizzare la tua idea?
4. Non ho tempo non è una scusa
La madre di tutte le scuse: "non ho tempo".
Sarebbe bello avviare una nuova compagnia, iniziare un nuovo progetto, aprire una nuova attività, ma non ho tempo.
È veramente così? C'è sempre tempo se organizzato e speso bene, senza nemmeno aver bisogno di lasciare il posto di lavoro attuale. Si può iniziare a lavorare ad un nuovo progetto la sera, ricavare del tempo togliendolo alla TV, ai videogiochi o al PC. Si può andare a dormire alle 23 anzichè alle 22, avere un'ora in più ogni sera paer lavorare ad un qualcosa di parallelo è più che abbastanza.
Una volta partiti, si capirà se l'interesse per il quale dedichiamo questo tempo è reale o solo passeggero, qualora quest ultima ipotesi prevalesse, non avremmo comunque perso nulla e si potrà continuare la vita di prima.
La verità è che il tutto è faticoso, la maggior parte delle persone non ha voglia di fare sacrifici e, per proteggere il proprio ego, mette davanti la scusa della mancanza di tempo.
4 Avviamo un business, non una startup
Nell'immaginario collettivo, una startup è un mondo magico dove le spese sono un problema di qualcun altro e quelle strane cose chiamate ricavi non sono un problema. È un posto in cui puoi spendere soldi altrui mentre trovi il modo di fare i tuoi, un luogo in cui le regole classiche del business non possono essere applicate.
Peccato che non è così, la verità è che ogni business deve tenere conto di entrate ed uscite, spese e guadagni.
Sarebbe come progettare un razzo per andare sullo spazio assumendo che la gravità non esiste; un business basato su questi concetti non è un business, è un hobby.
Dunque non usiamo la scusa di essere una startup come stampella per le parti che non funzionano, meglio prendere confidenza sin da subito con concetti come fatture e buste paga. I business veri si preoccupano di creare un profitto sin dal primo giorno e non mascherano tale problema dicendo:
È ok, siamo una startup!
Agire come un vero business, garantisce molte più chance di successo.
5. Cerchiamo strategie di Commitment anzichè Exit Strategy
Una delle cose che spesso si sente dire è:
Qual è la tua exit strategy?
Per exit strategy si intende la strategia di uscita che comprende la vendita delle proprie quote da un'attività.
Si sente questa domanda sin dalla nascita di una nuova azienda, ma come si può chiedere come uscire da un business se si è novizi e non si sa nemmeno come entrarvi? Iniziereste una relazione stabilendo i termini di rottura? Vi incontrereste con un avvocato divorzista la mattina del vostro matrimonio? Sarebbe ridicolo, giusto?
Si ha bisogno di una commitment strategy, una strategia di abnegazione verso quello che si sta per creare.
Pensare a come far crescere e portare al successo un prodotto, non come abbandonare la nave.
Quando si fonda una compagnia con l'obbiettivo di venderla, si enfatizzano le cose sbagliate, invece di focalizzarsi su come farsi amare dai clienti, si pensa a chi ti dovrà comprare.
6. Iniziare dall'epicentro
Quando si comincia un nuovo progetto, distinguiamo tre tipologie di task:
- cose che potresti fare
- cose che vuoi fare
- cose che devi fare
Meglio iniziare dalle cose che devi fare.
Se stai aprendo un punto vendita di hot dog, ci sono tante cose di cui preoccuparsi: i condimenti, il nome del punto vendita, le decorazioni...
Ma la prima cosa di cui preoccuparsi sono gli hot dog, essi sono primari per il tipo di business scelto, tutto il resto è secondario.
Come trovare l'epicentro del proprio progetto? Domandandosi:
Se tolgo questo pezzo, quello che sto vendendo continua ad esistere?
Quali parti dell'equazione non possono essere rimosse?
Una volta trovate, quello è l'epicentro.
Concentriamo tutte le nostre forze su quello, per poterlo fare al meglio delle nostre possibilità, tutto il resto che seguirà, dipenderà dall'epicentro.
7. Ignora i dettagli all'inizio
Gli architetti non si preoccupano riguardo che tipo di doccia installare o quale lavastoviglie mettere in cucina, meglio decidere questo tipo di cose dopo che la struttura del piano sia pronta.
I dettagli fanno la differenza ma perdersi in queste cose troppo presto porta a disaccordi, riunioni e ritardi.
8. Meno è meglio
La campagna creata qualche anno fa dall'agenzia pubblicitaria tedesca Jung Von Matt, che fa molte cose belle, ha provato a riuassumero il concetto con delle immagini, utilizzando dei mattoncini Lego per rappresentare svariate cose. L'intera campagna comprende tante rappresentazioni, ma non potevo non riproporre almeno 4 immagini di alcuni dei cartoon esistenti più famosi, riuscite a riconoscerli senza suggerimento? 🙃
Per la cronaca erano: I Simpson, Le tartarughe Ninja, I puffi e South Park.
Sempre riguardo il concetto che meno è meglio, avete presente Gordon Ramsay in Cucine da incubo?
Qual è la prima cosa che fa ad ogni episodio (a parte far volare i tavolini)?
Tagliare i menù! Dedicarsi a pochi piatti fatti bene.
Quando le cose non vanno, la naturale inclinazione è quella di aggiungere: più persone, più tempo o più soldi. La conseguenza è quella di trovarsi a fronteggiare un problema ancora più grande.
Andare nella direzione contraria permette di focalizzarsi sulle cose che contano davvero.
9. Le riunioni sono tossiche
Le peggiori di tutte le interruzioni, ecco perchè:
- Solitamente trattano concetti astratti, non cose reali.
- Trasmettono una quantità informazioni al minuto relativamente bassa.
- Richiedono una preparazione che la maggior parte dei partecipanti non ha.
- Spesso non hanno un'agenda ben definita e l'obbiettivo non è chiaro.
- I meeting si procreano: uno porta ad un altro che porta ad un altro...
Inoltre vengono programmate con slot di tempo simili alle trasmissioni TV: mezz'ora, un'ora, un'ora e mezza...
Molto male: se una riunione richiede sette minuti, perchè usarne trenta?
Il costo temporale di un meeting non è semplicemente la sua durata: ipotizziamo che ad una riunione di un'ora siano invitate dieci persone, ebbene il costo temporale è di 10 ore.
Niente più riunioni quindi? No, però si deve adottare qualche accorgimento:
- Impostare un timer, quando scatta, il meeting è finito. Punto.
- Invitare meno persone possibili.
- Avere sempre un'agenda chiara.
- Trattare uno specifico problema.
- Incontrarsi nel luogo specifico in cui si pone il problema invece che in una sala riunioni. Puntare a cose reale per soluzioni reali.
- Finire con una soluzione e rendere qualcuno responsabile della sua realizzazione.
10. Essere riposati
Finire di lavorare tardi per avere disponibile qualche ora in più di lavoro non è una buona idea (ammetto che di tutti, questo è il punto più difficile da combattere per me). Si distrugge la creatività, il morale e l'attitudine lavorativa.
Ogni tanto ci si può permettere di spendere ore notturne su qualche progetto, purchè non diventi un'abitudine, qualora lo diventi, le conseguenze possono essere varie:
- Testardaggine: quando si è molto stanchi, viene spontaneo continuare sul percorso che si è intrapreso, piuttosto che provare a riconsiderare un problema e cambiare approccio.
- Mancanza di creatività: la creatività è una delle prime cose che si perde con la stanchezza. Quello che distingue le persone che hanno più impatto sul lavoro non è il numero di ore che lavorano, ma l'attitudine nel risolvere i problemi che affrontano. Perdendo creatività si perde la capacità di avere un impatto nel risolvere i problemi che richiedono la ricerca di una soluzione.
- Diminuzione del morale: quando si è stanchi il cervello preferisce risolvere task che non richiedano troppa attività cerebrale, questo fa si che, cose apparentemente superflue come leggere questo articolo, non vengano effettuate. Quando si è stanchi, si perde la motivazione di affrontare i grandi problemi.
- Irritabilità: l'abilità di rimanere pazienti e tolleranti è messa a dura prova quando si è molto stanchi. Se incontrate qualcuno che si comporta come un disadattato, probabilmente soffre di sonno.
11. Lunghe liste non vengono portate a termine
Basta scrivere infinite TO-DO list, creano solamente ansia.
Si osservano le prime voci eseguite, si guarda a quelle che ancora devono esserlo e si prende in considerazione solo quanto ancora vi è da fare anzichè apprezzare quanto già fatto.
Oppure si ha la tentazione di marcare gli item come "fatti" anche se realmente non lo sono come si dovrebbe. Ci si sente male insomma.
Meglio spezzare questa grande lista in tante liste più piccole, magari suddivise per qualche criterio in modo da avere voci dello stesso tipo all'interno della medesima.
Ovviamente avremo la stessa quantità di cose da fare di prima, ma si potrà apprezzare maggiormente il progresso fatto nei diversi campi, provare soddisfazione e alimentare la voglia di fare con più motivazione.
Problema collaterale: non dare priorità alle voci di queste liste con numeri o descrizioni come: "questo è super importante e prioritario, farlo subito".
Si finirebbe per avere molteplici cose da fare nello stesso momento: male.
Ordinare le voci semplicemente in modo visuale, mettere l'item più importante come primo e, una volta terminato, portare in vetta il prossimo. In questo modo avremo sempre una cosa alla volta da svolgere, ed è più che abbastanza.
12. Prendere piccole decisioni
Prendere grandi decisioni è difficile, se poi queste sono sbagliate è ancor più arduo correggerle.
Meglio prendere piccole decisioni che affrontino il problema imminente, se qualcuna di esse sarà errata è più facile porre rimedio.
Prendere piccole decisioni non significa non poter avere un piano a medio-lungo termine, significa soltanto spezzettare in piccole parti la strada che porta all'obbiettivo, invece di prendere un'unica grande difficile decisione.
13. Fai meno dei tuoi competitor
Il modo di pensare convenzionale porta a credere che per superare un competitor, se lui ha 4 feature, tu devi averne 5, se lui ha speso 20.000 € in pubblicità, tu devi spenderne 30.000, se loro hanno 50 dipendenti, tu devi averne 100.
Questa mentalità da guerra fredda è morta e porta solamente ad una battaglia senza fine. In più, compagnie che adottano questa tattica, sono sempre sulla difensiva e, pensando in questa maniera, devono sempre inseguire invece di essere loro i punti di riferimento.
Cosa si può (non) fare al riguardo?
Fare meno dei concorrenti: risolvere un singolo problema semplice lasciando quelli complicati ai concorrenti.
Un esempio interessante è la bicicletta: per anni le varie aziende hanno provato ad aggiungere equipaggiamenti iper tecnologici, mountain bike con sospensioni e freni a disco, telai super leggeri in fibra di carbonio, cambi con 5, poi 10, poi 20 marce!
Ultimamente è esploso l'uso di bici "da tutti i giorni": una singola marcia, freni classici, poco costose.
Esse sono più convenineti, non hanno bisogno di manutenzione e vanno bene per il caso d'uso medio: spostarsi in città da un punto all'altro.
14. Dire no di default
È molto più semplice dire di si: si ad una deadline migliore, si ad una nuova feature, si ad un nuovo progetto.
Dicendo sempre si, la lista delle cose da fare cresce a dismisura diventando miopi su quelle che sarebbero davvero da eseguire. Usiamo la potenza del dire di no per dare una giusta priorità alle cose.
Raramente ci si pente di avere detto un no, spesso ci si pente di avere detto si: un no ti spiccia, un si ti impiccia.
15. Lasciati accrescere dai tuoi clienti
Se un grande cliente iniziasse a chiedere customizzazioni che renderebbero il prodotto troppo specifico, anche se difficile, meglio dire di no a questo tipo di richieste.
Se un giorno dovesse smettere di essere un cliente, ci si ritroverebbe con un prodotto fatto ad hoc per soddisfare un solo tipo di bisogno ed un cattivo prodotto per tutti gli altri.
Piuttosto, perdere un singolo customer salvaguardando gli altri potrebbe essere la scelta giusta, nonostante non sia per nulla facile.
Meglio che le compagnie seguino uno specifico tipo di cliente anziché uno specifico cliente.
16. Non prendete appunti
Come tenere traccia di cosa i clienti vogliono? Non servono sistemi per memorizzare feedback, database per le note e robe simili.
Le richieste davvero importanti si riproporranno di continuo, diventando un mantra che non si può dimenticare. A quel punto si sarà a conoscenza di cosa vogliono davvero i customer, senza il bisogno di averlo annotato.
17. Costruire un'audience
Tutte le compagnie hanno dei clienti, poche compagnie hanno dei fan ma le più smart hanno un'audience.
Quanto costa raggiungere milioni di persone? Tantissimo.
Ogni qual volta che si vuole far sapare qualcosa, la maggior parte delle aziende deve mettere mano al portafogli per far arrivare il loro messaggio il più lontano possibile. Troppo costoso, perchè non hanno un'audience.
Le aziende più intelligenti sanno che è molto meglio siano le persone a recarsi da loro: questa è audience!
Creazione di contenuti che portano valore come condivisione di informazioni, eventi, blog post, tutorial o video, portati avanti nel lungo periodo, permettono di creare la propria audience.
Quando avremo bisogno di far sapere qualcosa al mondo, le persone giuste saranno già lì ad ascoltare.
Se vogliamo trovare un caso italiano di successo al riguardo, mi viene in mente la campagna di crowdfunding portata avanti da Startup Italia, Nana Bianca e Marco Montemagno per creare un distretto fisico (a Milano) ed una piattaforma digitale, che unisca fondatori, investitori, accelleratori, studenti e aziende in modo che tutto l'ecosistema possa giovarne, fungendo da punto di incontro tra questi diversi soggetti.
Quello che mi ha colpito non è l'idea in sé, ma quanto l'avere un'audience abbia impattato in modo non indefferente: l'obbiettivo minimo di 500.000 € è stato raggiunto solamente dopo poche ore!
La campagna ha superato i 2 Milioni il secondo mese, senza alcuna grande pubblicità su potenti media.
I soggetti creatori della campagna hanno chiaramente costruito una forte audience negli anni precedenti, dopodichè è bastato tirare fuori un'iniziativa in linea con i principi della stessa, e si è verificato quanto abbiamo detto.
18. Proviamo ad insegnare, non a vendere
Si possono creare pubblicità, assumere sales, sponsorizzare eventi; unico problema: i competitor fanno le stesse cose.
Come ci si può differenziare?
Invece di fare più pubblciità, assumere più sales e sponsorizzare più eventi, si provi ad insegnare.
Questo è qualcosa che probabilmente i competitor nemmeno hanno preso in considerazione, spesso si vedono business focalizzati sulla fornitura o sulla vendita, mai sull'insegnamento.
Catturare l'attenzione delle persone con un banner su un sito è una cosa, guadagnare la loro lealtà e fiducia insegnando qualcosa di nuovo, un'altra.
Si guadagna più credibilità e rispetto ed anche se non useranno il vostro prodotto, potrebbero rimanere ugualmente vostri fan.
Le grandi compagnie possono comprare una pubblicità in televisione durante la finale di Champion's league, noi non possiamo, però possiamo insegnare: le grandi compagnie non lo faranno mai perchè sono ossessionate dalla segretezza aziendale.
19. Mostrare il dietro le quinte
Immaginate di dare un pass alle persone e mostrargli come il vostro lavoro funziona, come fosse un reality show.
A nessuno importerebbe? Anche se si svolge un lavoro noioso, tutto è interessante se presentato bene.
Pensate a canali come Real Time, Discovery Channel o D-Max, che hanno fatto business milionari sui lavori più disparati.
Magari non è il caso di chiamare una troup televisiva, ma oggigiorno si possono creare contenuti scritti e video di buona qualità con pochi strumenti.
A cosa serve? A creare una relazione diversa tra chi svolge tale lavoro ed il futuro consumatore, a mostrare quanto sforzo vi è dietro ogni cambiamento e quanta abnegazione serve per portare avanti dei progetti.
I clienti costruiranno un rapporto che sta ad un altro livello di quello classico produttore-consumatore ed apprezzeranno maggiormente quello che fate.
20. A nessuno piacciono i fiori di plastica
Anche se il mondo del business è pieno di persone serie e seriose che vestono un'uniforme, reale o figurata che sia, provando ad essere perfette, a nessuno piace relazionarsi con individui del genere.
Anche se con imperfezioni, meglio mostrare il nostro lato reale, senza paranoie sul come ci si dovrebbe comportare o cosa si dovrebbe dire. Potremmo sembrare meno professionali ma sciuramente più genuini.
21. Emulare i pusher (ironico)
I venditori di sostanze vietate sono businessman astuti, sanno che la loro merce è buona e danno in regalo piccole dosi ai loro potenziali clienti.
Una volta diventati dipendenti dalla sostanza, i consumatori non potranno far altro che tornare con soldi alla mano per acquistarne ancora.
Copiare questo modus operandi è una buona tattica: dare una piccola parte gratis del proprio prodotto per far testare quanto sia utile, non creerà nessun danno economico ed una volta riconosciuto il valore di quello che proponiamo, il cliente sarà disposto a pagare per avere la versione completa.
Questo tipo di politica di applicazione del prezzo prende il nome di Freemium: il freemium model è un modello di business che prevede due o più varianti del prodotto da distribuire a prezzi diversi o un unico prodotto rilasciato gratis solamente per un periodo limitato di tempo, al termine del quale diventerà a pagamento.
In questo modo si riesce contemporaneamente a raggiungere tutta la clientela interessata e a guadagnare sugli utenti più esigenti.
Tale modello è quasi sempre utilizzato dalle aziende automobilistiche, facendo provare le loro auto durante i giorni di test drive, oppure ancora più frequentemente, dalle aziende produttrici di software.
22. Il Marketing non è un dipartimento
L'HR è un dipartimento, il Marketing no.
- Ogni volta che si risponde al telefono è Marketing.
- Ogni volta che si invia una mail è Marketing.
- Ogni volta che un cliente usa il tuo prodotto, è Marketing.
- Ogni parola scritta sul tuo sito web è Marketing.
- Se si fa software, ogni messaggio di errore è Marketing.
Riguardo questo argomento, non potevo non proporre il video in cui Steve Jobs spiega cosa significhi per lui il concetto di Marketing.
Lo fece durante la presentazione della storica campagna Think Different, nell'ormai lontano 1997. Stupendo. 😍 ⤵️
23. Sindrome del cocktail party
Quando delle persone che non si conoscono si ritrovano ad una festa, possono iniziare a dialogare su cose frivole e non personali giusto per passare il tempo.
Diversamente accade quando si è ad una cena tra amici: si trattano argomenti che ci stanno a cuore per cui si può anche discutere animatamente. Alla fine della cena, oltre a rimanere amici come prima, si avrà la sensazione di avere "ricevuto qualcosa" da quello scambio di opinioni.
La stessa cosa accade in azienda: se si assume sempre gente nuova non si ha il tempo di prendere confidenza e nessuno dirà ciò che pensa.
24. I CV sono ridicoli
Sappiamo che sono ridicoli, specialmente quelli nel formato europeo, quanto sono brutti e tristi?
Tutti possono scrivere una presunta lista di lavori effettuati, le eventuali responsabilità ricoperte senza alcun modo di verificarne la veridicità.
Per di più sono molto semplici da fare, chiunque è in grado di crearne uno.
Questa facilità causa un uso distorto dello strumento, che viene inviato a quante più aziende possibili.
Infatti le aziende lo trattano come un'altra forma di spam, proprio come le mail.
Se una persona invia un CV a 300 aziende diverse, c'è qualcosa che non va: non sta cercando il lavoro, sta cercando un qualsiasi lavoro.
Se si assume con questo metro si perde il significato di assunzione: si vuole uno specifico candidato a cui importi la compagnia, i clienti ed i valori che rappresenta.
Come si può ovviare a tutto questo?
Controllare la lettera di presentazione: difficile che una persona possa preparare lettere di presentazione standard, ed è lì che si può intravedere una reale comunicazione da parte di chi ha scritto.
25. Assumere i più bravi a scrivere
Se vi è indecisione tra più candidati per lo stesso posto di lavoro ma solamente uno può essere assunto, prendere quello che sa scrivere meglio potrebbe essere una buona idea.
Al di là del ruolo che andrà a ricoprire, scrivere bene significa più di quello che sembra: saper cosa omettere, avere le idee chiare sui concetti più importanti da riportare e rendere le cose facili da capire vuol dire comunicare bene, fondamentale al giorno d'oggi dove la maggior parte della comunicazione avviene con messaggistica istantanea.
25. Annunciare le cattive notizie
Se capita qualche inconveninete, qualcuno prima o poi lo racconterà.
Quel qualcuno sarebbe meglio fossimo noi, altrimenti cercare di insabbiare o omettere dettagli, creerebbe solamente speculazione o mala informazione quando lo notizia salterà fuori.
Prendiamo come esempio palese, lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica avvenuto all'inizio del 2018.
Quando è stato rivelato che Cambridge Analytica aveva raccolto i dati personali di milioni di profili Facebook senza consenso, usandoli per scopi politici, fu un momento spartiacque per la comprensione pubblica del significato di dati personali, scatenando proteste per una richiesta di regolamentazione più severa riguardo l'uso di questo tipo di dati da parte delle aziende tecnologiche.
La raccolta illecita di dati personali da parte di Cambridge Analytica era stata segnalata per la prima volta nel dicembre 2015 da Harry Davies, un giornalista del The Guardian. Egli riferiva che Cambridge Analytica stava lavorando per il senatore statunitense Ted Cruz, utilizzando i dati raccolti da milioni di account Facebook senza l'autorizzazione dei proprietari.
Facebook si rifiutò di commentare la notizia affermando solamente che avrebbe investigato.
Lo scandalo scoppiò definitivamente nel marzo 2018 grazie a Christopher Wylie: informatore ex dipendente di Cambridge Analytica.
Oltre alla grande protesta pubblica che scatenò, ll valore delle azioni di Facebook perse più di 100 miliardi di dollari in pochi giorni e i politici made in U.S.A. chiesero subito delle risposte al CEO di Facebook, Mark Zuckerberg.
Lo scandalo, lo portò ad accettare di testimoniare di fronte al Congresso degli Stati Uniti ed il danno di immagine subito, viene scontato ancora oggi, rischiando in futuro di essere potenzialmente un elemento fondamentale per un'eventuale caduta definitiva.
Coloro con cui abbiamo rapporti, apprezzano molto di più la sincerità e le spiegazioni fornite.
26. Chiedere scusa
Se abbiamo un disservizio e causiamo un danno a terzi, chiediamo scusa.
Troppo spesso si leggono frasi come:
Siamo dispiaciuti se il nostro disservizio vi ha creato disagi.
Certo che ha creato disagi!
Se versate del caffè addosso a qualcun altro cosa direste?
"Siamo dispiaciuti se vi ha creato disagi"?
Ovvio che no!
Direste:
Oh diamine! Scusa infinitamente, cosa posso fare per rimediare?
Non c'è un modo giusto per chiedere scusa: impariamo semplicemente a prendere le nostre responsabilità e ad affrontare le situazioni in prima persona.
27. Fare un bel respiro
Ogni qual volta che si modifica qualcosa nel proprio prodotto, ci saranno persone che si lamentano.
Gli esseri umani sono creature abitudinarie ed anche una minima differenza può risultare irritante, meglio pazientare ed aspettare un po' prima di cambiare nuovamente tutto o tornare indietro.
Le lamentele negative sono quelle che più si fan sentire: per i pochi che urlano il proprio dissenso vi potrebbero essere molti altri contenti delle novità, che però rimangono in silenzio.
28. Le decisioni sono temporanee
Quante volte ci chiediamo:
Cosa succederebbe se...?
o anche:
Come farei se...?
Non creiamoci problemi che non abbiamo, la maggior parte delle volte, le cose per cui ci preoccupiamo non succedono.
Un problema non è un problema sinchè non è reale e le decisioni che prendiamo oggi non sono per sempre. Se le circostanze cambiano, si può cambiare l'approccio.
29. L'ambiente è la tua rockstar
Quante volte avete letto annunci di aziende che cerano la rockstar o il ninja di turno?
Invece di focalizzarsi sul singolo, meglio pensare al collettivo.
Tutti siamo capaci di fare un cattivo, medio o buon lavoro, dipende da tanti fattori.
Creare un ambiente di rispetto reciproco, responsabilità e indipendenza può far uscire il meglio da ognuno di noi.
30. Sindrome dell'adolescente
Se al lavoro si trattano le persone come dei ragazzini, riceveremo indietro un lavoro da ragazzini.
Se ogni cosa ha bisogno di approvazione, si crea una cultura aziendale di sfiducia, una serie di non pensatori che deve chiedere il permesso per tutto.
31. Burocrazia
Supponiamo che in azienda, qualcuno indossi dei pantaloncini e, per qualsiasi motivo, non si vuole che questo accada nuovamente in futuro.
Cosa si fa?
La prima risposta che verrebbe spontanea sarebbe quella di introdurre un dress code: sbagliato!
In questo modo si punirebbe una comunità, in questo caso l'insieme dei lavoratori, per l'errore di un singolo: è così che nasce la burocrazia.
Meglio chiedere semplicemente al diretto interessato, di vestirsi in modo più appropriato, le policy servono per situazioni che sono ricorrenti, non come in questo caso.
32. Parla la tua lingua
Qualsiasi cosa si voglia creare, che sia un prodotto, un'azienda o un blog, deve parlare la lingua del proprio creatore.
L'errore che si fa è quello di cercare una comunicazione molto formale, con parole altisonanti per cercare di assomigliare alle grandi aziende.
Così non si fa altro che sembrare ridicoli e sacrificare un grande asset di una piccola azienda: la possibilità di comunicare in modo diretto.
Esempi? Anzichè usare termini come monetizzazione o trasparenza, parlare chiaramente di fare soldi ed essere onesti.
33. ASAP è veleno
ASAP è un acronimo inglese che significa As Soon As Possible, traducibile in italiano come il prima possibile.
Viene usato nelle conversazioni per indicare un qualcosa che ha priorità maggiore su tutto il resto.
Se avete a che fare con una persona che mette ASAP alla fine di ogni frase, statene alla larga: usarlo sempre implica che ogni cosa è urgentissima che equivale a dire che niente è urgente.
34. Ispirazione
Tutti abbiamo delle idee, le idee sono immortali e restano li per sempre.
L'ispirazione invece no, quando viene, deve essere sfruttata in quel momento, non può essere qualcosa che viene accantonata e ripresa dopo perchè sarà scomparsa.
Conclusione
Quale pensate sia il punto più importante? Avete in mente altri concetti? Oppure non siete d'accordo?
Se ti va di dire la tua o darmi dei feedback, scrivimi una mail. 😊